Quando Ferdinando Bagarani avviò il caseificio Mamma Maremma, era poco più di un laboratorio dove si produceva essenzialmente ricotte e un paio di varietà di caciotte. Nel corso di mezzo secolo, la selezione si è arricchita di sapori e consistenze ancorate alla tradizione e alla tipicità del territorio. Quella Maremma celebrata nei quadri dei Macchiaioli e che Giosué Carducci definì il “dolce paese”.
Di tradizionale al caseificio è rimasto anche il rituale dello “scottino”, parola che evoca per gli abitanti di Montaldo di Castro una leccornia alla portata anche dei più poveri. Era una consuetudine, istituita dal fondatore del caseificio Mamma Maremma, offrire una mestolata di ricotta e siero a coloro che si presentavano al laboratorio con un fetta di pane in una scodella. Pescando dalla caldaia a vapore dove sobbolle il latte di pecora, dal quale solo il 6% diventerà ricotta, il casaro versa il semilavorato denso e aromatico sul pane che s’insaporisce di quell’inconfondibile gusto rotondo, fresco e cremoso.
La ricotta è il cavallo da battaglia del caseificio nato oltre mezzo secolo fa per effetto del dinamismo imprenditoriale di Ferdinando Bagarani, principale autotrasportatore di ricotte tra la Sardegna, isola famosa per i suoi greggi di pecore, e Napoli, città con il primato nazionale di consumo di questa varietà di formaggio.
Dell’attività passata del laboratorio caseario sono rimaste alcune foto e la ricetta della ricotta dal genuino sapore dolce e pastoso, tramandata di generazione in generazione, oggi identica a quelle confezionate nei cestelli di vimini. E resiste anche la tradizione dello scottino.